Mario Soldati, Il campione
Mario Soldati, Il campione
L'età d'oro del grande ciclismo è forse tramontata, anche se le ricorrenti competizioni, nazionali ed internazionali, riescono ancora a destare entusiasmi che si polarizzano attorno alle figure di pochi campioni, Innumerevoli altri mezzi di locomozione stanno quasi completamente soppiantando la vecchia, gloriosa bicicletta che per tanti decenni ha rappresentato Il sogno piu ambito di intere generazioni di giovani sportivi. Si potrebbero scrivere pagine e pagine sulla bicicletta e su quanto essa ha dato di entusiasmo, di spirito agonistico, di salute a tante persone che oggi hanno
i capelli brizzolati o candidi e rimangono nostalgicamente affezionati a questo modesto veicolo che ricorda loro le ore forse piu belle della lontana giovinezza. Come I'Autore di queste pagine, come il vecchio ciclista misterioso ch'egli racconta d'aver incontrato in una competizione assolutamente imprevista, nella quale, ciascuno dei due, per un momento ha ritrovato un impensabile ritorno di gioventù.
A ruota libera, rasentando i paracarri, rallentai. Posai il piede su un paracarro, mi fermai. Gli alti pioppi che fiancheggiavano la strada stormivano al vento; ma il sole del mezzodi scaldava: cominciavo a sudare. Mi tolsi dunque la maglia e la legai al manubrio. Quando udii un ronzio un fruscIo: ratt02 alla mia sinistra passò un ciclista allontanandosi nella stessa direzione che seguivo io.
Sul collo e le braccia nude il vento fu, il primo momento, gelido.
Ma, due colpi di pedale, e rieccomi scaldato. Libero dalla maglia, più svelto e leggero, rieccomi lanciato a 35 all'ora per riprendere e superare senz'altro il ciclista che mi aveva sorpassato. Fin da piccolo, quando vado in bicicletta, ho la presunzione di non farmi superare da nessun ciclista e di riprendere e lasciare tutti quelli che giungo a vedere.
Avevo ripreso a pedalare da qualche momento, e il ciclista era sempre là, alla stessa distanza, cento metri avanti a me. Imprecai contro la mia bicicletta, una pesante macchina da viaggio, mentre quella che mi precedeva era da corsa: lo vedevo dall'arco della schiena del ciclista. Imprecai, e abbassando la fronte sul manubrio, rizzandomi sui pedali, partii a tutta velocità.
Cominciai presto a guadagnare terreno. Presto fui a 70, a 60, a 50 metri; e cominciai a farmi un'idea del mio avversario. Maglia grigia, calzoni a quadretti bianchi e neri, capelli coperti di polvere. Filava senza scarti, quasi seguendo un'invisibile rotaia. Immobili il busto e le spalle, procedeva composto e ritmico, per la sola forza dei polpacci e delle cosce, come di bielle ben regolate. Un professionista, certo: un professionista in allenamento.
Intanto m'alzavo e abbassavo sgraziatamente sui pedali, furioso dondolavo la testa e le spalle, di qua e di là, ad ogni colpo. Ero, senza dubbio, un esempio di pessimo stile. Tuttavia, riducevo il mio svantaggio: e questo era l'importante; perché volevo giungere a vedere, sia pure un solo istante, il viso del Campione.
Tre, quattro volate, e gli fui sotto, a pochi metri. Ma, prima che potessi portarmi al suo fianco, il Campione, avvertito forse dal rumore, si voltò e, scrutandomi con una rapida occhiata, scattò cosi fulmineo da riprendermi senz'altro una decina di metri di vantaggio.
Non vuole essere raggiunto, pensai. E tuttavia, non mi diedi per vinto. Tornai a rizzarmi sui pedali; pur senza molta fiducia, raccolsi le mie forze e partii come per vincere un traguardo.
Con mia grande sorpresa, riuscii a portarmi sotto al Campione dopo qualche pedalata. Di nuovo, come prima, egli si voltò: parve stupito di rivedermi a cosi breve distanza; e tornò a scattare. Ma, questa volta, mi prese appena due o tre metri. Anch'io tornai alla carica; presto gli fui a fianco; finalmente potei guardarlo in viso. Fu tanta la sorpresa, che per poco non cessai di pedalare: un vecchio! I capelli non erano sporchi di polvere; ma canuti. Il viso lungo, ossuto, adusto, era ispido di una barba di qualche giorno, candida anch'essa come i capelli.
Mi guardò torvo e con un sorriso beffardo e sforzato delle labbra semiaperte, dissimulando l'affanno della corsa. Poi tornò a guardare la strada diritto davanti a sé e, proprio mentre stavo per superarlo, scattò, immobili il busto e le braccia, e tornò a prendere la testa.
Procedemmo cosi, lui davanti e io dietro, per alcuni chilometri.
Tirava come un dannato. E io sudavo, ansavo. Avrei, ogni pedalata, giurato che, la pedalata successiva, non ce la facevo piu. Tuttavia avevo, di pedalata in pedalata, la forza parziale di continuare, di rimandare alla pedalata successiva l'attimo della rassegnazione. E cosi, il cuore in gola, la bocca spalancata per lo sforzo, il sudore che attraverso la fronte mi scendeva ad appannare gli occhiali, resistei: finché, in un velo, vidi il vecchio rialzarsi sul manubrio, rallentare, lasciarmi passare avanti e attaccarsi subito alla mia ruota. Guardai innanzi e capii: in fondo, la strada accennava a salire; tra le cime dei pioppi s'intravedevano i fumaioli di un'officina. A destra, in capo alla salita, era una brusca svolta e un ponte: di là dal fiume un grosso paese. La manovra del Campione era un tacito invito a prendere per traguardo il ponte all'ingresso del paese.
Tacitamente assentii.
Subito all'inizio della salita mi rizzai deciso sui pedali, partii a fondo. Di qua e di là dalla strada, sulle soglie delle prime botteghe, la gente guardava esterrefatta la nostra gara. A metà salita, il vecchio tentò di passare. Due o tre volte si portò con la ruota anteriore fino all'altezza della mia pedaliera. Ma due e tre volte, abbandonandomi tutto sul manubrio, e sempre ritto sui pedali, con le reni che mi dolevano come se fossero per ischiantarsi, la spuntai. Finché, ecco, vidi la svolta a un metro, vidi il ponte, la fine della salita, il convenuto traguardo. Con un ultimo balzo fui su, infilai il ponte a tutta velocità tra i due stretti parapetti di pietra, e mi ritrovai trafelato e felice a scendere balzelloni, ruota libera, sull'acciottolato del paese.
Il vecchio mi raggiunse allora: anch'egli rialzato sul manubrio.
Mostrava sessant'anni, forse piu.
Lei è un antico campione! - gli gridai mentre ancora ansavo per lo sforzo compiuto. -Inutile nasconderlo, un antico campione!
Non rispose né si né no. Mi guardò sempre con quello stesso riso beffardo, come se il vincitore vero fosse lui e non io.
Ora faccio la Cremosina!! - aggiunsi, - piu di duecento metri di salita in nove chilometri. lo ho una macchina da viaggio. Accetta?
Allargò la bocca a un riso ancora piu sarcastico e, sempre tacendo, poiché eravamo giunti alla grande piazza del paese, con un colpo improvviso di pedale la traversò in rapida curva, e scomparve in un vicolo lontano.
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